Da sempre una dieta ricca di sale è correlata con la pressione alta. Non è un caso infatti se in presenza di disturbi di pressione, in soggetti a rischio infarto o ictus, la prima cosa che il medico curante suggerisce di fare è intervenire riducendo la quantità di sale negli alimenti.
Tuttavia un gruppo di scienziati della Columbia University ha deciso di sfidare questa convinzione comune per dimostrare che una dieta povera di sodio non necessariamente è associata ad una migliore condizione di salute lungo termine.
I risultati ottenuti dagli studiosi non cancellano anni di consapevolezze dei nostri medici – che comunque faremmo sempre bene a seguire – ma mettono in discussione alcuni punti fermi dati per assodati che invece, dopo accurata revisione, tanto certi sembrano non essere.
I ricercatori hanno passato in esame i 269 studi accademici più rilevanti improntati sul binomio sale e pressione alta.
Ciò che è emerso è che solamente la metà di tali studi evidenzia l’importanza di ridurre il sale per abbassare la pressione sanguigna. Il 33% degli studi svolti si conclude invece con un esito opposto: il sodio non ha alcuna rilevanza per la salute lungo termine e non incrementa il rischio di infarti e malattie cardiocircolatorie.
Il 13% degli studi revisionati non è stato in grado di arrivare ad una conclusione scientificamente probatoria sulla correlazione fra sale e pressione alta.
Ludovic Trinquart, uno dei ricercatori della Columbia University impegnati in questa revisione, si è così espresso in un’intervista sul New york post:
“Ciò che abbiamo ricavato da questo studio è che non esiste alcuna evidenza sul fatto che ridurre il sale prevenga il rischio di ictus o infarto nelle persone con pressione sanguigna nella norma.”
La dottoressa Alison Tedstone ha però messo in discussione le conclusioni alle quali sono giunti gli scienziati della Columbia University in una dichiarazione concessa al giornale The Indipendent, ponendo l’accento sul fatto che la revisione di tutti gli studi attinenti al sale e alla pressione alta non tiene conto della qualità dei singoli studi.
In sostanza, secondo la dottoressa, se è vero che solamente il 50% degli studi eseguiti fino ad oggi confermano che il sale incida negativamente sulla nostra salute è pur vero che i ricercatori della Columbia University non hanno indagato sull’attendibilità di tutti i 269 passati al vaglio.
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