Belluscone una storia siciliana: Ciccio Mira, Franco Maresco e il viaggio alla scoperta della Sicilia che non conosci
Il regista Franco Maresco è scomparso, dopo aver tentato invano di realizzare un film sui rapporti fra Berlusconi e la Sicilia, la regione dove storicamente Forza Italia è riuscita a lasciare maggiormente il segno nella popolazione.
L’amico e critico cinematografico Tatti Sanguineti si reca dunque a Palermo per scoprire che fine abbia fatto Maresco. Scopre che il regista questa volta si è cacciato in una faccenda più grande di lui, invischiato in una trappola ordita dai suoi “freaks” che da fin dai suoi esordi sulla rete privata TVM furono protagonisti dei suoi lavori.
In questa viaggio alla ricerca di Franco Maresco, Sanguineti scoprirà il mondo dei cantanti neomelodici – non chiedeteci cosa sono, perché nel film neppure loro sono stati in grado di spiegarcelo – e porterà alla luce il film mai terminato del regista palermitano: Belluscone una storia siciliana.
La proiezione del mockumentary Belluscone, una storia siciliana, del regista Franco Maresco (che in coppia con Daniele Ciprì diede vita a quella piccola rivoluzione che fu Cinico TV sul finire degli anni 80 e l’inizio dei 90), suscita nello spettatore emozioni contrastanti.
In sala si ride, non si può non ridere difronte alle esternazioni dei protagonisti che appaiono sullo schermo, ma è una risata che scaturisce dal senso di spiazzamento e da un’incredulità di fondo di un pubblico che vorrebbe prendere le distanze dai Ciccio Mira, i Vittorio Ricciardi e gli Erik. Una risata che serve dunque a mettere una barriera, fra “noi” che guardiamo e quegli “alieni” nei quali la sola idea di potersi riconoscere suscita ilarità. Si ride dunque per autodifesa personale.
Ciccio Mira è il vero mattatore di Belluscone una storia siciliana, un impresario palermitano di cantanti neomelodici la cui genuina spontaneità eclissa quel “Belluscone” che avrebbe dovuto essere negli intenti, almeno inizialmente, il protagonista del film.
Il ruolo di Silvio Berlusconi nel film si limita a quello di fantasma/divinità, la cui presenza è agognata dai siciliani che “vorrebbero conoscerlo” o che si augurano di ricevere dall’ex premier un dono che li aiuti ad uscire dalla miseria.
Maresco, attraverso il trucco narrativo della sua scomparsa, compie un viaggio alla scoperta della Palermo che fin dalla discesa del cavaliere in politica ha votato per lui e imperterrita gli resta fedele, anche ora che le cose ad Arcore non vanno più tanto bene. Uomini e donne di tutte le età che, oltre a Berlusconi, hanno come miti i cantanti neomelodici delle feste di piazza, fra cui spiccano Vittorio Ricciardi ed Erik.
Ricciardi è il cavallo di razza della scuderia Mira, e i due, seppur così apparentemente agli antipodi, sembrano essere accomunati da un’omertà irriducibile, che impedisce loro perfino di pronunciare la parola mafia.
“Io non ho mai detto no alla mafia!”
Ci tiene a precisare Ricciardi, che si indigna quando l’intervistatore gli mette sotto gli occhi un articolo nel quale egli veniva tacciato di essere “il cantante neomelodico che aveva detto no alla mafia”.
“Una volta la mafia pilastrava chi meritava di essere pilastrato. La mafia non è più quella di una volta”
Spiega invece Ciccio Mira, con un filo di nostalgia rimembrando i bei tempi in cui i mafiosi muravano vivi gli spioni, a Maresco che lo invita ad una riflessione sul mutamento dei tempi e sulla mafia “buona”, come ci tiene a precisare l’impresario.
Sebbene dalle parole di Mira trapeli sempre una certa simpatia per la criminalità organizzata, il personaggio con le sue reticenze e i suoi lunghi silenzi imbarazzanti suscita le simpatie del pubblico.
Il finale del film pone l’accento sulla differenza – presunta – fra i freaks di Belluscone una storia siciliane una borghesia “più pulita” nel quale per convenzione lo spettatore è indotto a identificarsi. L’epilogo ci svela che fra le due categorie non passa proprio alcuna differenza.
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